Tutti sapevano e nessuno ha parlato.
Lo sapevano i sindacati.
Lo sapeva la direzione dell'azienda.
Lo sapeva l'assessorato alla sanità.
Lo sapevano tutti, e non gli operai ...
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gio
14
gen
2021
mar
12
gen
2021
SABATO 16 GENNAIO DALLE 10 ALLE 12 PRESIDIO DAVANTI ALL'OSPEDALE DI SESTO SAN GIOVANNI (MI)
NON vogliamo una SANITA' PUBBLICA in ROVINA
Le scelte fatte sulla sanità pubblica stanno riducendo la possibilità di essere curati e assistiti.
Vogliamo una Sanità Pubblica che curi bene, che lo faccia in tempi brevi, che lo faccia con rispetto, che non ci costringa a pagare, che ci offra servizi per la prevenzione.
Per chiedere questo e per rinnovare la richiesta di incontro con le Direzioni generali e sanitarie di ATS e ASST organizziamo un PRESIDIO davanti all'OSPEDALE di Sesto in viale Matteotti, 83 SABATO 16 gennaio 2021dalle ore 10,00 alle 12,00 Davanti al nostro ospedale pubblico che stanno smantellando fino a renderlo inutilizzabile.
Venite in tanti se pensate che la vostra salute sia legata anche al buon funzionamento della sanità pubblica.
La nostra salute non è una merce e la malattia non è un'occasione per far arricchire società private.
Il presidio avverrà nel rispetto delle norme anticovid19.
Sesto S.G, gennaio 2021
Rete Salute e Sanità Pubblica
sab
09
gen
2021
Sentenza della Cassazione sulla strage di Viareggio.
GIUSTIZIA DÌ CLASSE: IL DANNO E LA BEFFA
LE PARTI CIVILI CONDANNATE A PAGARE LE SPESE PROCESSUALI
In un paese diviso in classi sociali, in cui l’unico diritto riconosciuto è quello del profitto, la giustizia è al servizio della classe dominante. Anche se i lavoratori e i cittadini subiscono danni, per il sistema capitalista i padroni hanno la licenza di uccidere e la magistratura li assolve sempre.
La sentenza della IV Sezione della Corte di Cassazione ha annullato le condanne emesse dalla Corte d’Appello di Firenze per gli ex amministratori delegati di Ferrovie dello Stato e RFI Mauro Moretti e Michele Mario Elia, rinviandone gli atti alla Corte d’Appello stessa: uno sfregio ai famigliari dei morti e di chi si batte in questo paese per la giustizia, ma c’è di più..
I giudici hanno assolto definitivamente - perché il fatto non sussiste - tutte le società coinvolte che, a vario titolo, si sono occupate di manutenzione e controllo sulla rete ferroviaria, sui dispositivi di sicurezza, sui vagoni
In tal modo hanno annullato i risarcimenti per le 22 associazioni, enti e sindacati, che in questi anni si sono costituite parti civili, che di fatto saranno condannate a pagare le spese processuali. Così si punisce chi ha messo al primo posto la sicurezza dei lavoratori ferrovieri e dei passeggeri e quelli che non hanno accettato di uscire dal processo monetizzato la morte dei loro cari.
Per la morte atroce di 32 persone - donne, uomini, bambini bruciati vivi nelle loro case - nessuno è colpevole e nessuno paga.
Il potere economico-politico tramite la magistratura manda un segnale chiaro alle vittime e ai loro famigliari: i processi penali per i morti del profitto non s’hanno da fare. Non spendete soldi e tempo in lunghi procedimenti penali per cercare giustizia perché questi finiranno con assoluzioni dei padroni o manager imputati e voi sarete condannati a pagare le spese legali e processuali. Al limite chiedete risarcimenti in sede civile.
Per la sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita, contro un sistema che disprezza la salute e la vita umana, è ora di ribellarsi in ogni modo possibile.
LA NOSTRA VITA VALE PIU’ DEI LORO PROFITTI
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto San Giovanni 9 gennaio 2021
e-mail: cip.mi@tiscali.it
ven
08
gen
2021
Strage di Viareggio, ancora una volta ingiustizia è fatta e una strage resta impunita: nessun colpevole.
La Corte di Cassazione ha prescritto gli omicidi colposi delle 32 vittime. Appello bis per tutti solo per disastro ferroviario, e concede all’ex AD di Ferrovie, Mario Moretti, un nuovo processo d’appello.
La Corte di Cassazione, con un colpo di spugna, ha cancellato le condanne – stabilite da 2 gradi di giudizio - per i responsabili della morte di 32 persone ammazzate mentre dormivano tranquillamente in casa loro o erano per strada.
Sono stati dichiarati prescritti gli omicidi colposi per la strage di Viareggio a seguito dell’esclusione dell’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro. Con la 'prescrizione' per l'omicidio colposo plurimo ancora una volta il potere dello Stato salva i suoi manager assassini, assolve se stesso, uccide per la seconda volta le vittime e nega giustizia ai loro famigliari.
La Corte, rinviando a un nuovo processo di appello anche l'ex AD di Trenitalia Vincenzo Soprano, che era stato condannato a 6 anni, e Francesco Favo (all'epoca certificatore della sicurezza per Rfi), che era stato condannato a 4 anni, salva anche loro.
Per la Corte d’Appello da rivalutare è solo la responsabilità per il reato di disastro ferroviario colposo. Il massimo tribunale ha assolto definitivamente - perché il fatto non sussiste - tutte le società coinvolte, che a vario titolo si sono occupate di manutenzione e controllo sulla rete ferroviaria, sui dispositivi di sicurezza, sui vagoni:Trenitalia, Rfi, Gatx Rail Austria, Gatx Rail Germania, Jungenthal Waggon, Mercitalia Rail.
Con questa sentenza la suprema Corte stabilisce che uccidere i lavoratori in nome del profitto non è reato e che la legge è non uguale per tutti.
Le 32 vittime sono state uccise due volte, dai dirigenti delle ferrovie che le hanno mandate a morte perché non hanno rispettato, né fatto rispettare, le misure di sicurezza e da una giustizia che concede – per l’ennesima volta nell’Italia delle stragi senza colpevoli - l’impunità ai responsabili di una strage annunciata che si è portata via 32 persone, bambini, giovani, anziani, donne e uomini, italiani e stranieri.
Ora i responsabili sono stati assolti per prescrizione, come se non fosse successo nulla.
La giustizia è riservata solo ai manager, ai padroni, ai potenti; l’uguaglianza davanti alla legge è più uguale per alcuni e non per altri.
Una giustizia che punisce le vittime del profitto e premia i colpevoli è una giustizia riservata a chi ha i soldi, è una giustizia di classe.
Fiducia nello Stato non ne abbiamo mai avuta, ma forse è arrivato il momento di non limitarci ad andare davanti ai palazzi del potere per chiedere una giustizia che non arriva mai, ma di accerchiarli e di gridare forte, dappertutto, con manifestazioni di protesta, che non ne possiamo più, non possiamo più tollerare di essere carne da macello per il capitale.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Milano, 8 gennaio 2021
e-mail: cip.mi@tiscali.it
gio
31
dic
2020
RICORDO DEI COMPAGNI CHE CI HANNO LASCIATO
Anche in tempo di pandemia si continua a morire per amianto e per il profitto. Nel 2020 c’e stato un record di morti sul lavoro per malattie professionali, in molti casi morti dovute alla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro causate della pandemia che ha colpito molti lavoratori di fabbriche, logistiche, ospedali e personale sanitario. Durante il 2020 sono morti per malattie d’amianto anche altri 4 lavoratori, fra i 64 anni e i 71, del nostro Comitato. Tre erano ex lavoratori della BredaTermomeccanica/Ansaldo morti per tumore polmonare e mesotelioma della pleura, il quarto lavorava in un’altra fabbrica come saldatore. I loro nomi sono Felice Dotti, Giancarlo Perego, Gianni Zanta, Bruno Villa (nelle foto). Dietro i morti ci sono famiglie, sofferenze, vite e affetti spezzati che lasciano un vuoto incolmabile in chi gli voleva bene. In quest’anno che sta per finire e in quello che sta per cominciare, ricordiamo i nostri compagni rinnovando il nostro impegno per continuare la loro lotta per la giustizia, per la sicurezza sul lavoro, nel territorio e nei luoghi di vita, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Anche durante il coronavirus si continua a morire per altre malattie nell'assoluta indifferenza delle autorità sanitarie e politiche, che hanno trasformato gli ospedali in reparti Covid sospendendo visite e terapie per altre patologie, comprese le chemio, a migliaia di cittadini bisognosi di cure.
Ogni anno nel nostro paese per infortuni sul lavoro e in itinere muoiono più di 1400 lavoratori, altre decine di migliaia per malattie professionali, solo per amianto più di 5.000 lavoratori e cittadini, eppure questa strage sembra non interessare le autorità.
mar
29
dic
2020
Virus, l’unico italiano nel team del vaccino cubano: “pronto entro metà 2021, sarà pubblico e gratuito”
(intervista a Fabrizio Chiodo da La Repubblica)
L’immunologo Fabrizio Chiodo, 35 anni: “A Cuba su 11 milioni di persone, ci sono stati 145 morti. E la percentuale di guariti è del 92,5%, tutti curati con farmaci homemade, visto l’embargo che dura da 58 anni. Nel tempo il Paese, a causa dell’isolamento, si è creato un arsenale biotecnologico di livello”
Fabrizio Chiodo, siciliano di Palermo, ha 35 anni ed è l’unico straniero che sta lavorando nel team statale cubano alla ricerca dei vaccini contro il Covid-19. Professore di Chimica e immunologia dei carboidrati all’Avana, una lunga esperienza in Spagna e poi in Olanda, è da poco rientrato in Italia al Cnr di Pozzuoli. Causa restrizioni ai viaggi, i lavori li segue da lontano, quindi. “Entro metà 2021 anche Cuba avrà il suo vaccino, pubblico e gratuito”, racconta.
𝐀𝐝𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐢𝐞𝐭𝐞?
“Ci sono quattro vaccini cubani disegnati, sviluppati e testati in sperimentazione sui 57 nella lista dell’Oms. Cuba produce il 90% dei vaccini che vengono somministrati alla propria popolazione, l’esperienza di decenni di ricerca pubblica è fondamentale. Personalmente sto lavorando al Soberana 1 e al Soberana 2, che significano “sovrana”, dei quattro sono quelli più avanzati nello sviluppo”.
𝐈𝐧 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐟𝐚𝐬𝐞 𝐬𝐢 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐢 𝐝𝐮𝐞 𝐒𝐨𝐛e𝐫𝐚𝐧𝐚?
“Contiamo di terminare la fase 3 entro i primi tre mesi nel 2021. Ovvero il clinical trial in umano, dove si misura l’efficacia del vaccino, per poi cominciare con la campagna vaccinale da giugno 2021, utilizzando formulazioni e targeting diversi in base all’età della popolazione”.
𝐂𝐡𝐞 𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐢𝐚 𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐞 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐝𝐨?
mar
29
dic
2020
mar
22
dic
2020
ANCORA TRE OPERAI MORTI NELL’ESPLOSIONE DÌ UNA FABBRICA IN ABRUZZO.
SUL LAVORO SI CONTINUA A MORIRE PIÙ’ CHE IN GUERRA
Ieri pomeriggio nella fabbrica di recupero polveri da armi dell'esercito, ordigni bellici, Esplodenti Sabino in contrada Termini a Casalbordino, in provincia di Chieti, tre operai sono stati uccisi, Nicola Colaneo di Guilmi di 45 anni, Paolo Pepe di Pollutri, 45 anni, e Carlo Spinelli di Casalbordino, 54 anni.
Come ormai succede ogni giorno tre operai usciti di casa per andare a lavorare non hanno fatto ritorno dalle loro famiglie lasciando dolore e disperazione fra i loro cari.
Ora come sempre si apre l’ennesima inchiesta della magistratura mentre come sempre succede in questi omicidi, già si parla di fatalità, di tragico errore umano, si richiedono più controlli, più formazione.
Gli “incidenti” o meglio gli omicidi di operai in quest’azienda non sono una novità.
Nel 1992 fu ucciso da un’esplosione Bruno Molisani, di che nel 1992 aveva 48 anni.
Nel 2009 per un’esplosione rimasero feriti gravemente due operai e uno degli operai subì ustioni di secondo e terzo grado su 70 per cento del corpo
Ogni giorno i lavoratori rischiano la vita in fabbriche e luoghi di lavoro insicuri.
Per realizzare il massimo profitto, i padroni risparmiano anche i pochi euro necessari per la sicurezza dei lavoratori mandandoli consapevolmente a morte.
Portare a casa un salario nella guerra quotidiana fra capitale e lavoro è sempre più rischioso. Dietro ai morti sul lavoro c’è la brutalità e la violenza del sistema capitalista.
Il non
rispetto delle norme sulla sicurezza, l’aumento dello sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro sono le cause dell’aumento degli infortuni, dei morti sul lavoro, di
malattie professionali e di centinaia di migliaia d’invalidi ogni anno di cui le istituzioni, le autorità e sindacati confederali che firmano accordi che peggiorano la condizione operaia fingono
di non vedere.
La morte sul lavoro non è mai una fatalità.
SOLIDARIETÀ ALLE FAMIGLIE DEGLI OPERAI ASSASSINATI
sab
19
dic
2020
MISERIA, POVERTA' E RICCHEZZA NEL CORONA VIRUS
Michele Michelino (*)
Così la pandemia ha reso i ricchi ancora più ricchi (e i poveri più poveri).
In questi mesi abbiamo sentito ripetere mille volte dai rappresentanti del governo, da Confindustria e sindacati confederali che siamo tutti sulla stessa barca, che l’unità nazionale - cioè quella fra sfruttati e sfruttatori - è l’unica via per salvarci, per fronteggiare questa nuova “guerra” contro il virus.
I sindacati Cgil-Cisl-Uil - e altri concertativi - hanno sottoscritto con Confindustria e il governo un accordo riconoscendo di avere gli stessi interessi. Per questi signori i lavoratori, invece della lotta di classe per difendere la loro salute e i loro interessi dovrebbero, in nome della comune lotta contro il virus, rinunciare a difendere la loro salute e la loro condizione lavorativa a vantaggio del profitto dei capitalisti.
Tuttavia a smentire questa narrazione ci sono i fatti: gli stratosferici guadagni delle multinazionali e dei loro padroni e la povertà crescente degli strati proletari e popolari.
Secondo i dati forniti dalla banca svizzera Ubs, i super miliardari sono aumentati e sono diventati ancora più ricchi: da 2.158 sono oggi 2.189, e la loro ricchezza totale è cresciuta del 27,5%, mentre i nuovi poveri, secondo dati di Coldiretti in Italia, anche a causa della pandemia, sono cresciuti di oltre un milione.
Se nel 2017 i super miliardari erano 2.158, dopo la prima ondata della pandemia sono diventati 2.189. E la loro ricchezza totale ha superato la soglia dei 10 trilioni di dollari.
Tra loro, secondo quanto riportato anche dal Corriere della sera, ci sono nomi molto noti: Jeff Bezos, proprietario di Amazon, che dal 18 marzo al 16 ottobre ha visto il suo patrimonio personale aumentato del 69,9%. Ha guadagnato quasi 80 miliardi di dollari in poco più di sei mesi.
Fra i super ricchi troviamo anche Bill Gates con un +20,4%, che porta il suo patrimonio personale a 118 miliardi di dollari. Mark Zuckerberg è invece salito a quota 97,7 miliardi, in crescita del 78,6%.
In termini percentuali l’aumento più significativo però l’ha registrato Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX: +270%, per arrivare a un patrimonio personale di 91,9 miliardi di dollari.
Crescono i patrimoni dei super ricchi e contemporaneamente aumentano invece povertà e disuguaglianze in tutto il mondo.
Più 50 milioni di persone hanno perso il posto di lavoro dall’inizio della pandemia e, per la prima volta da oltre 25 anni, è aumentato il numero di coloro che vivono con meno di 1,6 euro al giorno.
In Italia, secondo il bollettino Istat di settembre che fornisce i dati del secondo trimestre del 2020 - quello in cui siamo stati in lockdown - le persone occupate sono diminuite di 470mila unità.
ven
18
dic
2020
Dalla Peste al Coronavirus: le pandemie nella storia dell’uomo.
Nel corso della storia dell’umanità, prima del Covid-19, almeno altre 13 pandemie negli ultimi 3000 anni hanno colpito gli esseri umani.
Il salto di specie fra gli animali, selvatici o da allevamento e l’uomo attraverso successive mutazioni genetiche dei virus ha prodotto le pandemie.
Polli, anatre, suini, topi, pulci, bovini, dromedari, zibetti e pipistrelli hanno fatto da conduttori, soprattutto in Asia e in modo particolare in Cina, dove hanno sempre vissuto a stretto contatto con l’uomo.
Dall’epoca dell’urbanizzazione di massa e della globalizzazione, gli allevamenti intensivi alle porte delle metropoli e i sempre più vasti mercati di animali vivi dentro le megalopoli hanno fatto stragi mondiali: da 500 milioni al miliardo di vittime in totale nel corso dei secoli, secondo calcoli approssimativi.
Nell’epoca moderna le forti urbanizzazioni, lo sviluppo industriale, l’inquinamento, il disboscamento e la distruzione della natura hanno costretto gli animali a vivere sempre più stretto contatto con l’uomo.
Le pandemie, i lutti e le crisi economiche hanno contribuito a cambiare la storia causando guerre, migrazioni e crolli di sistemi economici-politici-sociali. Vogliamo ricordare solo quelle più recenti.
La Spagnola del 1918-1920 (che avvenne in due ondate, una primaverile e una autunnale) colpì alla fine della 1° guerra mondiale, quando le popolazioni povere, i proletari e i contadini, le classi sociali più debilitate, subivano e pativano per le privazioni degli interventi bellici, a contatto con soldati che erano stati inviati da un continente all’altro. Con il rientro a casa dei soldati americani di ritorno dall’Europa la pandemia arrivò anche negli Usa.
L’influenza asiatica nel 1956, un’epidemia trasmessa da uccelli, durò due anni e fece 1 milione di vittime nel mondo.
Nel 2003 arriva la Sars (prima epidemia da coronavirus del ventunesimo secolo), molto contagiosa, ma rispetto a altre poco letale (8.200 vittime nel mondo).
Negli ultimi 100 anni, la scienza ha accertato senza più dubbi l’origine zoonotica di varie pandemie. Secondo gli scienziati fu lo scimpanzé dei Laghi, in Africa, morsicando un essere umano, a trasmettere nel 1980 il virus dell’HIV-Aids che ha causato circa 36 milioni di vittime nel mondo.
gio
17
dic
2020
PROFITTO, FAME E SFRUTTAMENTO
Michele Michelino (*)
A differenza dei precedenti modi di produzione del passato dove, i lavoratori delle classi subalterne che costituivano il "popolo",
pativano la fame per effetto delle carestie e della mancanza di generi alimentari; oggi nel sistema capitalista, nell'epoca dell'imperialismo la fame e prodotta dalla troppa abbondanza, dalle
guerre di rapina, dalla troppa ricchezza in mano a pochissimi individui.
La povertà aumenta in tutte le metropoli imperialiste e le lunghe file davanti alle ONLUS, alla Caritas o al Pane Quotidiano di chi ha perso il lavoro ed è caduto in povertà lo rendono
evidente.
La pandemia ha aggravato la crisi mondiale e ha aumentato il numero dei super ricchi e ha portato il "terzo e quarto mondo" anche nelle metropoli imperialiste. La società capitalista
quotidianamente costringe milioni di esseri umani a produrre, viaggiare e vivere in condizioni precarie, senza sicurezza, a vivere in case malsane, ad ammalarsi, morire di fame e di sete e altri
a vivere ai margini della società.
La vita reale impone agli esseri umani, di là dalle ideologie e delle religioni, dei bisogni primari che la società nega alla maggioranza della popolazione. Gli uomini e le donne per sopravvivere
devono innanzi tutto mangiare, bere, avere un tetto, vestirsi e poter mantenere la famiglia e una medicina territoriale e nazionale al servizio delle persone, non per il profitto delle
multinazionali farmaceutiche.
lun
14
dic
2020
CRISI, PANDEMIA E
PATTO SOCIALE
Durante la pandemia si è stabilita una tregua, un patto sociale fra governo, padroni e sindacati confederali per contenere le rivendicazioni operaie e le proteste
dei lavoratori e della piccola borghesia costretta a chiudere le attività commerciali, con lo slogan “siamo tutti nella stessa barca”.
Per
contenere la protesta il governo ha usato cassa infrazione e ristori, ma l’aumento dei prezzi, l’intensificazione dello sfruttamento per chi ha conservato il posto di lavoro, l’aumento della
disoccupazione ha provocato un malcontento destinato a crescere.
Che cosa succederà quando fra qualche mese scadrà il blocco dei licenziamenti (anche se finora i licenziamenti economici, quelli disciplinari e quelli per aver
violato il vincolo di fedeltà non si sono mai fermati), e i lavoratori non saranno più disposti a rinviare la difesa dei loro interessi?
Le manifestazioni, le proteste e gli scioperi che finora si sono manifestati solo sporadicamente in alcuni settori, aumenteranno di numero e sfoceranno in
scioperi e manifestazioni di piazza sempre più numerose.
La crisi mondiale che investe tutti i paesi capitalisti dietro l’apparente unità nella lotta contro il coronavirus porta le borghesie dei vari paesi a scontrarsi
e nasconde un’accanita guerra economica a cominciare da quella per assicurarsi il grande affare dei vaccini.
In ogni paese la classe dominante non ha saputo, o voluto, difendere la salute pubblica e oggi lucra sulla pandemia, chiamando all’unità sfruttati e sfruttatori
per salvare l’economia nazionale e rendere competitivo il capitalismo imponendo sacrifici economici, limitazioni delle libertà costituzionali, limitazioni di sciopero e di manifestazione e Il
coprifuoco.
La storia ha già dimostrato che sostenere gli interessi della propria borghesia non porta benefici ai lavoratori ma solo agli interessi delle multinazionali, dei
padroni e a mettere i lavoratori di un settore o di un paese uno contro l’altro.
Scindere gli interessi dei lavoratori da quelli dei loro padroni è il primo passo per l’indipendenza proletaria.
Riconoscersi come appartenenti a una sola classe a livello internazionale, cominciare a organizzarsi autonomamente come classe operaia sui nostri interessi
immediati e storici di là dall’appartenenza politica e sindacale è il primo passo.
dom
13
dic
2020
In Italia ancora oltre un miliardo di metri quadrati di amianto.
I dati choc
Mary Tagliazucchi 11 dicembre 2020
Lo ‘spettro’ dell’amianto aleggia ancora nel nostro Paese. E, i dati dell’ultimo dossier dello Sportello Amianto Nazionale, parlano chiaro: ancora 1.200.000.000 metri quadrati di amianto compatto.“Come Sportello Amianto Nazionale abbiamo messo a punto precisi protocolli autorali in tal senso, applicati su più di 800 Comuni Italiani e su più di 24.000 km di Penisola che sono immediatamente replicabili sull’intero territorio nazionale , garantendo un risultato immediato, concreto, incorruttibile nei dati, attualizzato e con sistemi di Follow Up rodati sino all’immediata prossima attualità di una Italia Amianto Zero.
Ad oggi il nostro studio che ha portato a eseguire Mappature in 780 Comuni Italiani per 24.000 Km di Italia per tramite di una sofisticata tecnologia Satellitare, trattata con un protocollo autorale, iper performante con il miglior rapporto prezzo/risultato, ha rilevato circa 31.000.000 di Metri quadrati di Amianto, il più alto campione completo ricavato da una mappatura mai realizzato dal 1992 sino ad oggi in Italia.
Questo campione estremamente eterogeneo ci da l’opportunità di proiettare con puntualità il dato più attendibile che significhi l’intero territorio Italiano che vede ancora almeno 1.200.000.000 di Metri Quadrati di Amianto dislocati sul nostro territorio. Siamo un ente di ricerca che basa il suo operato su dati precisi e basa la sua vita sulla ricerca e sviluppo di scienze, tecnologie e sistemi che possano presto portare l’Italia all’amianto ZERO.
gio
10
dic
2020
OPERAI COMBATTIVI E INTERESSI DELLA CLASSE
I limiti alle rivendicazioni operaie che Confindustria, governo e sindacati impongono in nome della crisi possono essere infranti. Quando gli accordi sanciscono la monetizzazione della salute e
l’immiserimento dei lavoratori per salvaguardare i profitti, vanno combattuti e respinti.
Gli operai e i lavoratori che si sono ribellati in modi diversi contro la mancanza di protezioni individuali e collettive durante e dopo la prima fase della pandemia ci hanno insegnato che la
salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro non la regalano né lo stato né i padroni, né i sindacati ma si conquista con la lotta.
Non possiamo accettare che gli interessi dei lavoratori si stabiliscono sulla base della “compatibilità” con l’azienda.
La contrattazione, le rivendicazioni e gli obiettivi si fanno solo sulla base delle reali condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori.
In questo modo la lotta può essere diretta dagli operai stessi anche senza e contro i sindacati filo-padronali. Anche
durante lockdown e il coprifuoco, i padroni delle fabbriche hanno aumentato i loro profitti mentre
gli operai e i lavoratori hanno continuato a morire sul lavoro, per malattie professionali o
invalidi.
mar
08
dic
2020
CORONAVIRUS E CRISI ECONOMICA
Non passa giorno senza che ci sentiamo ripetere dalla Confindustria, dal governo Conte e dai suoi rappresentanti politico-istituzionali – a cominciare dal capo dello stato - che serve “l’unità nazionale”, la “coesione sociale”, nella “guerra” contro la pandemia, cioè che “siamo tutti sulla stessa barca” e quindi bisogna fare sacrifici, rinunciare alle libertà costituzionali, insomma tirare ancora di più la cinghia per far uscire il paese dalla crisi.
Secondo questi signori la crisi non sarebbe colpa del sistema capitalista, dei padroni, dei borghesi che si sono appropriati della ricchezza prodotta dai proletari costringendo i lavoratori e gli operai a lavorare, spesso per una paga da fame, senza adeguate misure di protezione individuali né collettive, ma del coronavirus.
Un’epidemia che se si fossero attuati i piani contro la pandemia previsti da tutti i protocolli avrebbe risparmiato tante vite umane.
Con i dovuti distinguo questa tesi è sostenuta da entrambi gli schieramenti politici di maggioranza e opposizione.
Anche in piena crisi sanitaria per tutti gli schieramenti politici, la centralità e la sacralità del profitto sono l’obiettivo principale. In nome “della coesione e unità nazionale” i sindacati confederali, ma anche alcuni sindacati di base accettano di sottomettere i diritti e gli interessi dei lavoratori all’impresa, all’economia “nazionale” pur di partecipare ai tavoli governativi insieme ai padroni.
Anche durante il coronavirus i ricchi sono diventati più ricchi a scapito dei poveri.
L'emergenza coronavirus ha aumentato le diseguaglianze economiche e sociali in Italia: i ricchi sono diventati ancora più ricchi e i
poveri si sono impoveriti ancora di più con la crisi. Nel 2020
come rileva il 54° rapporto annuale del Censis,
sono 1.496.000 (il 3% del totale)
le persone che hanno una ricchezza che supera il
milione di dollari (circa 840.000 euro).
Di questi, 40 sono miliardari e sono aumentati sia in numero che in patrimonio durante la
prima ondata dell’epidemia.
Sempre secondo il Censis, da marzo a settembre 2020, sono ben 582.485 in più, rispetto all’anno precedente,
le famiglie che sopravvivono grazie a un sussidio
di cittadinanza.
In questi anni i governi e le regioni hanno distrutto la sanità pubblica chiudendo servizi trasformando le ASL e gli ospedali in aziende, dirottando le cure più remunerative verso la sanità privata. Per contenere il debito pubblico, lo stato ha tagliato i fondi nella sanità pubblica che negli ultimi 10 anni ha subito un taglio di oltre 37 miliardi di euro, mentre è aumentata la spesa militare. Lo stesso processo è avvenuto con la scuola.
Nel 2020, in pieno covid mentre mancavano gli ospedali e i soldi per attrezzare le terapie intensive, la spesa militare italiana è aumentata di oltre il 6% rispetto al 2019, superando i 26 miliardi, equivalenti a una media di 72 milioni di euro il giorno.
Anche durante la pandemia le fabbriche hanno continuato a produrre a ritmo serrato costringendo spesso gli operai a lavorare senza dispositivi di protezione individuali e collettivi, com’è successo anche negli ospedali e a viaggiare su trasporti privati e mezzi pubblici stipati come sardine. Questo ha comportato un gran numero d’infortuni, morti sul lavoro e malattie professionali di cui circa 300 nella sanità.
L’aumento dei profitti che alcune aziende hanno fatto sfruttando la pandemia è frutto dell’intensificazione dello sfruttamento, del peggioramento, delle condizioni di vita e lavoro degli operai, dei proletari, in particolare le donne e i giovani, unificando e parificando sempre più nella miseria i lavoratori italiani e immigrati.
In realtà, chi finora ha vissuto e continua “a vivere sopra i propri mezzi” indebitando l’Italia sono i borghesi, che hanno aumentato il “debito pubblico”, venduto il paese alle multinazionali, contratto debiti col Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale ed Europea e che oggi e nel futuro vogliono far pagare i loro debiti ai lavoratori e pensionati.
Se in Italia e nei paesi capitalisti il sistema impedisce il benessere minimo e una vita decente alla classe operaia e agli strati medio - bassi della popolazione, va ribaltato, non possiamo accettare che la loro ricchezza aumenti a dismisura sulla nostra miseria.
Bisogna cominciare a scendere compatti e numerosi in piazza per far valere i nostri diritti e difendere i nostri interessi di proletari.
dom
06
dic
2020
13 ANNIVERSARIO DELLA STRAGE OPERAIA ALLA thYSSENKRUPP
OGGI COME IERI IL CAPITALISMO CONTINUA A UCCIDERE I LAVORATORI
13 anni fa, il 6 dicembre del 2017, morivano 7 operai alla ThyssenKrupp di Torino: 4 bruciati vivi, altri 3 dopo giorni di terribile agonia. Nella fabbrica in smobilitazione della multinazionale tedesca il padrone, con la complicità dei sindacati confederali, aveva imposto turni di lavoro di 12 ore. Alcuni degli operai uccisi lavoravano con più di 4 ore di straordinario alle spalle. Così ThyssenKrupp incrementava i propri profitti risparmiando sulla manutenzione e sulla sicurezza.
L’“incidente” alla ThyssenKrupp colpì fortemente l’opinione pubblica per come avvenne: operai bruciati vivi come se fossimo ancora nell’800, nascondendo che questa, invece, è la “modernità” del capitalismo.
Tanti allora piansero lacrime di coccodrillo. I padroni, definendo questa ennesima strage un “fatale incidente”; i politici (di centro-destra e di centro-sinistra) parlando di “piaga inaccettabile”; i sindacati confederali, che accettano come legittimo il profitto siglando in ogni accordo il peggioramento delle condizioni di lavoro. Tutti, così, rendendosi parte integrante e complici di quel sistema di sfruttamento dei lavoratori che si chiama capitalismo. Un sistema economico-politico –giudiziario che ha già concesso la libertà agli imputati condannati per omicidio.
Il profitto, il dio denaro, è tutelato prima della salute e della vita umana.
Ogni giorno in tv assistiamo in diretta al bollettino di guerra con le cifre dei morti e ammalati per il coronavirus (oltre 50.000) che il governo e le autorità sanitarie ci comunicano. In nome della lotta contro il virus vengono sospese le libertà democratiche e si limita fortemente il diritto di sciopero e di manifestazioni.
Ogni giorno quasi 500 persone muoiono per cancro più di 370.000 si ammalano di tumori ogni anno nell’indifferenza del governo, delle istituzioni e dei mass-media.
Solo per amianto sono 6000 i morti ogni anno a cui vanno aggiunti quelli deceduti per altre malattie professionali.
Ancora oggi nel 2020, le morti di lavoratori per infortuni avvengono ogni giorno da un capo all’altro della penisola. Secondo le stime ufficiali sono 4 al giorno, 1.500 all’anno. In realtà, se ai dati Inail si aggiungono gli incidenti sul lavoro dei 3 milioni 500mila lavoratori, italiani e stranieri, che lavorano in nero e le morti diluite nel tempo causate dalle malattie professionali, non è azzardato sostenere che il numero dei morti sul lavoro e di lavoro è superiore ai 10 al giorno. Per gli operai e i lavoratori - divisi, disorganizzati, senza nessuna rappresentanza politica e sindacale - portare a casa un salario nella guerra quotidiana fra capitale e lavoro è sempre più rischioso.
I morti sul lavoro non sono mai una fatalità: sono il costo pagato dagli operai alla realizzazione del profitto.
I morti sul lavoro sono parte della brutalità e della violenza del sistema capitalista. Protetti da leggi che tutelano la proprietà privata dei mezzi di produzione, lo sfruttamento e il profitto, i capitalisti hanno impunità e licenza di uccidere.
Non è il “destino” o la “fatalità” a uccidere i lavoratori. E’ l’aumento dello sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro la causa principale degli infortuni e dei morti sul lavoro e di lavoro.
Noi continuiamo a lottare contro tutte le morti “innaturali”, contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo per ambienti e luoghi di lavoro sani. La sicurezza e la salute valgono più dei loro profitti.
Il 6 dicembre, anniversario della strage operaia alla ThyssenKrupp, noi ricordiamo insieme con loro tutti i morti sul lavoro, del profitto e delle stragi di stato.. Solidarietà alle vittime e ai loro famigliari.
A perenne ricordo degli operai della ThyssenKrupp e di tutte le vittime dello sfruttamento capitalista, ora e sempre resistenza!
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Sesto San Giovanni, dicembre 2020
ven
04
dic
2020
Per i giornalisti sul libro paga dei padroni la giustizia per le vittime diventa vendetta.
Solidarietà a tutte le vittime delle stragi del profitto e di stato.
Vergogna e giusta punizione per gli assassini e i loro complici.
Nella foto il vergognoso articolo de Il RIFORMISTA.
ven
27
nov
2020
Amianto: pm Milano, pene fino a 7 anni per ex
dirigenti della Scala.
Tre dirigenti e un consulente del Teatro alla
Scala sono accusati di omicidio colposo per la morte di 5 lavoratori per mesotelioma.
Pene severe sono state chieste dal pm di
Milano, Maurizio Ascione, per i 3 dirigenti e un consulente del Teatro alla Scala accusati di omicidio colposo in relazione alla morte di 5 lavoratori per mesotelioma, tra cui un macchinista, una
cantante lirica e un siparista, esposti all'amianto all'interno del Teatro dagli anni Settanta in poi. Le richieste del pm alla Corte - presieduta dalla giudice Mariolina Panasiti della nona
sezione penale del Tribunale - sono state esposte questa mattina al termine della requisitoria e vanno da un minimo di 2 anni e mezzo a un massimo di 7 anni.
La pena piu' alta e' stata chiesta per Giovanni Traina, referente del Centro diagnostico italiano e poi consulente esterno del Piermarini dall'87 (considerato responsabile di tutti e 5 gli episodi);
5 anni di reclusione sono stati chiesti invece per l'allora sovrintendente Carlo Fontana (che ha guidato il teatro dal 90 al 2005);
tre anni e mezzo per la direttrice affari generali dal '91 al '96 Maria Rosaria Samoggia (per tre episodi) e 2 anni e mezzo per il direttore tecnico dal '94 al '95, Franco Malgrande (che risponde di tre episodi).
Il processo, che si e' trascinato per molto tempo ed e' stato anche interrotto a causa della pandemia, e' arrivato alla requisitoria dell'accusa e proseguirà con l'audizione delle conclusioni delle parti civili il 29 gennaio.
Durante il suo intervento il pm Ascione ha
ricordato per l'ennesima volta l'elemento del palco che fu principalmente responsabile della dispersione della 'polvere nera' nociva per i polmoni: la cosiddetta 'pattona', una parete di lamiera
alta 16 metri e larga quanto il palcoscenico stesso, definita "persino da un consulente della difesa, l'ingegnere Nano, una 'bestia' che rivestiva il sipario".
La parete era formata interamente di amianto
crisotilo e rivestita da altri due metalli. Il sostituto procuratore ha ricordato anche che "gia' a fine anni '60 si parlava di una relazione eziologica diretta tra l'esposizione all'amianto e il
tumore alla pleura", mentre ancora nel 1986, anno a cui risalgono i fatti presi in esame e le conseguenti morti, proprio alla Scala la fibra killer era presente in grandi quantita'.
Secondo l'accusa rimane "gravissimo" - anche perche' "la Scala contribuiva all'immagine dell'Italia all'estero" - il fatto che "in uno tra i 10 piu' importanti teatri del mondo non vi fosse a quell'epoca ancora un programma di 'Valutazione rischio amianto' come si deve, nonostante le specifiche figure competenti, come gli organi di vertice e diversi consulenti esterni".
Ad assistere a tutte le fasi del processo il
Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro, i sindacati Cub e Medicina democratica. Parti civili i familiari di alcuni degli artisti e dipendenti del teatro morti di tumori e
malattie polmonari.
MILANO
Venerdì, 27 novembre 2020 - 14:05:00,
affaritaliani.it
mer
25
nov
2020
VIOLENZA SULLE DONNE UN CRIMINE FRA IPOCRISIA E REALTA’
Come ogni anno ipocrisia e realtà si uniscono nella celebrazione del 25 novembre in cui ricorre la “giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne”.
Le massime Istituzioni a cominciare dal capo dello stato come ogni anno rivolgono appelli contro la violenza maschile e per un maggior protagonismo delle donne. L’ipocrisia sta proprio nel fatto che a lanciare questi appelli sono quelli che hanno tutto l'interesse a garantire la continuità del sistema capitalistico basato sull'oppressione e sullo sfruttamento. In questi anni abbiamo assistito centinaia di volte, forse migliaia, come le donne che hanno subito violenza fisica e psicologica, oltre al danno hanno subito la beffa di vedersi deridere, messe alla gogna, isolate socialmente e in molti casi vedere i loro carnefici assolti.
Una legge che ha sempre un occhio di riguardo per la proprietà privata dei mezzi di produzione e che considera anche le donne come tali.
Ma dove nasce questa ricorrenza?
La giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne cade ogni 25 novembre perché questa data è legata alla storia di tre donne e attiviste politiche, le sorelle Mirabal, che il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Domenicana furono uccise per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo.
Patria Mirabal, Minerva Mirabal e Maria Teresa Mirabal, quel giorno mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti militari e condotte in un luogo nascosto vennero stuprate, torturate, massacrate, colpite a bastonate e strangolate per poi essere gettate in un precipizio all'interno della propria automobile per dare l'idea di un incidente.
Per ricordare e omaggiare la morte delle due attiviste nel 1981, al primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svolto a Bogotà, in Colombia, fu deciso di celebrare il 25 novembre come Giornata internazionale della violenza contro le donne.
In questa giornata assieme alle tante donne maltrattate, uccise e ai bambini vittime di violenze vogliamo ricordare anche il massacro dell’8 marzo del 1908, a New York, dove 129 operale della “Cotton”, morivano bruciate vive dentro la fabbrica in lotta.
Donne, operaie che lottavano per il salario e per migliori condizioni di lavoro, uccise dal padrone che attuava la serrata, sbarrando tutte le uscite, cosicché nessuna poté salvarsi dall’incendio scoppiato nella fabbrica.
ven
20
nov
2020
MORTI PER AMIANTO AL TEATRO ALLA SCALA DI MILANO
Il processo per i morti d’amianto che vede imputati 5 dirigenti del Teatro alla Scala (oltre ai responsabili civili Fondazione Teatro alla Scala e Centro Diagnostico Italiano) per la morte di 8 lavoratori si avvia verso le battute finali.
Oggi sono stati sentiti davanti alla presidente della 9° Sezione del Tribunale, giudice Mariolina Panasiti e al Pm. Maurizio Ascione gli ultimi due testimoni delle difese, due medici: il prof.Cottica e il dott. Liscalzi.
Come nelle scorse udienze anche oggi i consulenti dei padroni hanno sostenuto la tesi che i lavoratori del Teatro non hanno respirato le fibre di amianto sul posto di lavoro se non in piccolissime dosi, bensì quelle provenienti dall’ambiente della città di Milano. I lavoratori del Teatro alla Scala morti per mesotelioma, tumori polmonari o asbestosi - secondo questi medici sul libro paga del padroni (in tutti i processi per i morti d’amianto sono consulenti dei padroni) - avrebbero respirato l’amianto prima di essere assunti al Teatro.
Esaminando ognuno dei lavoratori uccisi dall’asbesto i due medici hanno sottolineato che essi avevano lavorato prima di essere assunti al Teatro come edili, falegnami, meccanici, coibentatori, secondo loro tutte lavorazioni in cui poteva essere presente amianto.
Non solo: secondo questi “luminari” i lavoratori morti potrebbero essersi ammalati per le fibre contenute negli attrezzi usati nella vita domestica: phon asciugacapelli, tostapane, oppure dall’uso di apparecchi radio o durante il servizio militare.
In un caso hanno avuto la faccia tosta di affermare che uno dei lavoratori morto per mesotelioma, che ha lavorato quasi 30 anni al teatro alla Scala, da bambino ha abitato per circa dieci anni a Casale Monferrato e due a Porto Marghera.
La prossima udienza si terrà venerdì 27 novembre sempre al palazzo di Giustizia di Milano, aula 9 (pianterreno), con l’arringa del Pubblico Ministero che formulerà la richiesta di condanna.
Fiducia nello Stato e nella magistratura non ne abbiamo mai avuta, ma sentire questi menestrelli dei padroni e dei manager cantare le loro lodi, denigrando i lavoratori ormai anche per noi che siamo abituati è diventato insopportabile.
I morti per amianto, sul lavoro, del profitto, sono crimini contro l’umanità e noi vogliamo e pretendiamo giustizia.
Anche se in questa società l’unico diritto riconosciuto e il profitto noi non ci arrendiamo.
La lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro e nel territorio continua, nelle fabbriche, nelle piazze e anche nei tribunali dei padroni.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio Milano,
20.11.2020 e-mail: cip.mi@tiscali.it
gio
19
nov
2020
LOTTE E DIRITTI
La conquista del diritto a una giornata lavorativa di otto ore è costata lacrime e sangue ai lavoratori.
La rivendicazione della riduzione dell’orario di lavoro , 'Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire' ha visto combattere classe contro classe.
In Italia la FIOM nel 1919 conquistò le otto ore, prima categoria nel nostro paese.
Le 40 ore verranno raggiunte al culmine delle grandi mobilitazioni di massa “dell’autunno caldo” negli anni 1969 e 1970: il punto più alto delle rivendicazioni operaie in Italia.
Da allora molto è cambiato. Dagli anni ’80 la classe operaia ha subito un continuo attacco alle condizioni di vita e lavoro che ha minato nella sostanza e conquiste e diritti che sembravano acquisiti. Lo Statuto dei lavoratori è stato progressivamente svuotato, l’articolo 18 cancellato, il diritto di sciopero gravemente limitato.
Il lavoro è stato deregolamentato: in particolar modo le nuove generazioni hanno perso ogni diritto acquisito negli anni dal movimento operaio.
Prima della chiusura per covid in alcuni settori (ristorazione, bar, nella logistica, nei ristoranti), era normale la richiesta di lavorare 60-72 ore a settimana.
Il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro ormai avviane anche in settori della grande industria, con il ricorso a straordinari obbligatori, “flessibilità” concordate, sabati, domeniche, lavoro notturno.
La giornata lavorativa di otto ore 8 conquistata anni fa è messa continuamente in discussione e in moti casi cancellata, abolita.
Le "conquiste" operaie sono sempre state il risultato di una guerra civile fra la classe dei capitalisti e quella degli operai e dei rapporti di forza esistenti in quel momento.
Nel corso degli anni, il cambiamento dei rapporti di forza nella lotta fra capitale e lavoro, ha prodotto cambiamenti anche nella giurisprudenza.
La legislazione riguardante le normative, le leggi, i diritti del lavoro sono cambiati ancor più a vantaggio dei padroni.
La legge si adegua alle mutate condizioni della lotta di classe.
Le leggi dello stato borghese servono a difendere i profitti dei capitalisti.
Il cambiamento dei rapporti di forza tra le classi è evidenziato e sancito anche nel cd. Decreto Sicurezza (o Decreto Salvini) varato dal governo giallo-verde e rivisto ma non cancellata dal
governo giallo-rosso che regola le forme di lotta del conflitto di classe, con un inasprimento delle regole repressive a tutela della proprietà privata.
Nonostante il lockdown e le chiusure imposte d'autorità da governo e regioni, il coprifuoco, la sospensione dei diritti costituzionali, le fabbriche, la logistica e i settori strategici del capitale continuano a produrre.
In questi mesi di pandemia è aumentato lo sfruttamento di chi lavora, ma sono aumentati anche gli infortuni, le malattie professionali, i morti sul lavoro e c’è stato un vertiginoso aumento della disoccupazione.
Rivendicare nei contratti con forza alcuni obiettivi a cominciare dalla riduzione dell’orario di lavoro per tutti, la sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro significa difendere l’integrità della classe operaia.
A CONDIZIONE DI MORTE NIENTE LAVORO
mer
18
nov
2020
OPERAI E PADRONI: NESSUNA COMPATIBILITA’ DI INTERESSI
Nell’Italia democratica, il paese della “Costituzione nata dalla Resistenza”, i padroni - mentre aumentano lo sfruttamento, licenziano e peggiorano le condizioni di lavoro e di vita di milioni di lavoratori e delle loro famiglie - si ergono a paladini della “democrazia”.
Noi non dimentichiamo che è anche il paese dove - subito dopo l’incendio che uccise i sette lavoratori della ThyssenKrupp nel 2007 - all’assemblea della Confindustria del 2011 l’amministratore delegato della ThyssenKrupp che vi partecipava fu applaudito in piedi da tutti i padroni italiani, nonostante fosse stato condannato a 16 anni in primo grado per omicidio.
Allora presidente della Confindustria era Emma Marcegaglia.
Padroni e manager assassini, nonostante la condanna definitiva della Corte di Cassazione (una delle pochissime volte in cui i padroni e manager sono stati condannati), sono tutti liberi, compresi i due manager tedeschi fuggiti in Germania.
L’Italia “democratica”, dove i cittadini secondo i principi costituzionali sono tutti uguali davanti alla legge, è il paese dove i processi contro i padroni responsabili della morte di migliaia di lavoratori per infortuni, malattie professionali, invalidi del lavoro, finiscono con la prescrizione, o con l’assoluzione “ per non aver commesso il fatto ” o “ perché il fatto non sussiste “, lasciando gli assassini dei lavoratori ogni volta impuniti.
L’unico scopo dei padroni e della società capitalista è la ricerca del massimo profitto, sostenuti da governo, partiti e sindacati confederali o collaborazionisti.
Il capitalismo è una società che, attraverso i suoi governi, legalizza il crimine contro gli esseri umani. Una società dove lo sfruttamento è legale e regolamentato con i “rappresenti dei lavoratori” dei sindacati confederali nei contratti nazionali.
Per i padroni, le loro istituzioni e tutti quelli che traggono vantaggi e privilegi dallo sfruttamento, la morte sul lavoro è solo un effetto collaterale e quindi accettabile. L’unica accortezza è tenere sotto controllo i numeri delle vittime, attenti a non farli salire sopra una certa quota, per non far indignare la popolazione.
Questa è la violenza e la brutalità del modo di produzione capitalista.
Un sistema marcio e corrotto, un vampiro che si alimenta sul sangue e sulla pelle dei lavoratori, favorito da leggi che tutelano lo sfruttamento a scapito della sicurezza e della vita dei lavoratori.
La nostra esperienza nella lotta per ottenere sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita, contro i morti sul lavoro e le malattie professionali ci ha dimostrato che non esiste una giustizia al disopra delle parti. La legge non è uguale per tutti.
Non esiste neanche la neutralità della scienza perché molti di questi “scienziati” sono delle puttane (con tutto il rispetto per chi fa questo mestiere per campare) che si vendono al miglior offerente: altro che neutralità della scienza o giustizia; la scienza e la giustizia sono di parte, dalla parte degli sfruttatori.
Il nostro Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, oltre che battersi per la sicurezza in fabbrica, cerca da anni di portare sul banco degli imputati i responsabili delle stragi operaie.
mar
17
nov
2020
COMUNICATO DEL COORDINAMENTO LAVORATRICI E LAVORATORI ALTOVICENTINO “VOCI OPERAIE”
Una ventina di lavoratrici e lavoratori e studenti ha partecipato in mattinata al Presidio di lotta contro le morti di lavoro, promosso dal nostro coordinamento.
Il Presidio ha denunciato con forza l’ennesima morte sul lavoro di un operaio, Mariano Bianchin, avvenuta nel 2016. L’operaio è rimasto schiacciato da una pressa per circostanze che fanno ritenere la totale responsabilità dei vertici dell’azienda SMEV di Bassano del Grappa, che hanno disattivato le sicurezze nei comandi della pressa per aumentare i ritmi di lavoro. Questo operaio è morto a causa della ricerca del massimo profitto da parte dei padroni.
Nel corso del presidio abbiamo rilanciato il problema delle morti per infortunio e per malattie professionali che stanno registrando cifre da record. Nel corso dei primi 9 mesi dell’anno si è registrato infatti un aumento del 18% (per soli infortuni +38%) di decessi rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente.
L’allarme che abbiamo lanciato è stato ripreso anche dai Cittadini/e di Montecchio Maggiore contrari alla Pedemontana che in un loro volantino distribuito stamane denunciano i vertici di SPV e chiedono giustizia per Sebastiano Laganga e Gianfranco Caracciolo, altri due operai morti nei cantieri dell’opera “strategica” Superstrada Pedemontana Veneta.
Il tribunale, tanto per non smentirsi, ha fissato la prossima udienza tra più di un anno (13 12. 2021), amministrando così la giustizia per i padroni. Archiviazioni e prescrizioni, riti abbreviati e udienze a porte chiuse, lentezze procedurali hanno lo scopo di diluire nel tempo tensione e rabbia dei lavoratori e quindi ritardare la presa di coscienza della realtà nefasta di questo sistema capitalista.
Va da sé che per noi quello dei tribunali e della giustizia (dei padroni) è un ulteriore fronte di lotta nella battaglia generale per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e per l’emancipazione della classe lavoratrice.
Vicenza, 16.11.2020
dom
15
nov
2020
QUESTA E’ LA GIUSTIZIA NELLA “DEMOCRATICA REPUBBLICA ITALIANA”. PER I FAMIGLIARI DELLE VITTIME DOPO IL DANNO LA BEFFA.
Moby Prince, niente risarcimento ai familiari. La sentenza: "Il diritto è prescritto"
Firenze, 14 novembre 2020 – "Ci rimangono una serie di certezze, tra cui quella che quella del Moby Prince è stata una strage". Loris Rispoli, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime del Moby Prince commenta così la sentenza del tribunale civile di Firenze che ha respinto l'istanza di risarcimento danni ai familiari delle persone che morirono in quella tragica notte del 10 aprile 1991.
Non ne hanno diritto i familiari, quel risarcimento è prescritto dice il giudice nella sentenza. Nel processo sulla tragedia del Moby Prince è stato assolto il personale della Capitaneria di Porto di Livorno che quella notte era in servizio. La richiesta di risarcimento danni dei parenti era rivolta al ministero delle Infrastrutture e della Difesa. Per i familiari quella notte ci furono gravi omissioni nella macchina dei soccorsi.
Una tesi quella dell'Associazione, che Loris Rispoli e gli altri portano avanti da sempre. Da trent'anni ormai, perché proprio l'anno prossimo si celebreranno i trent'anni dall'incidente nel quale la Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo vennero a collisione. Morirono 140 persone. Il giudice, riferendosi nella sentenza alla commissione d'inchiesta che ha lavorato sull'incidente, dice che la stessa commissione non ha portato nuove verità, ma ha dato solo valutazioni e giudizi.
"Non si può prescrivere il dolore e non si può prescrivere il percorso di ricerca della verità e della giustizia - dice il sindaco di Livorno Luca Salvetti - Questo per me vale sempre e vale ancora di più quando parliamo della più grande tragedia che abbia colpito la città di Livorno. Ecco allora la grande amarezza di fronte alla notizia dello stop alla causa civile che alimentava le speranze dei familiari delle vittime del Moby Prince anche dopo il lavoro della commissione parlamentare".
https://www.iltelegrafolivorno.it/cronaca/moby-prince-1.5715124
ven
13
nov
2020
BASTA MORTI PER IL PROFITTO
Unire le lotte operaie per la sicurezza e difesa della salute nei luoghi di lavoro a quelle contro le stragi sul territorio.
Le morti giornaliere, le mutilazioni, gli infortuni tra i lavoratori non dipendono mai dal caso o dalla fatalità, ma sono il risultato dello sfruttamento padronale della forza-lavoro, dell’organizzazione capitalistica del lavoro.
Allo stesso modo i morti, i feriti, i malati e gli invalidi per “disastri ambientali” (Vajont, terre dei fuochi, Tav, terremoti, ponti che crollano, stragi ferroviarie, avvelenamento dei territori come a Taranto), sono anch’essi morti del profitto.
Ogni anno nel mondo circa due milioni di persone muoiono a causa di un incidente sul la-voro o per malattia professionale, di cui 12.000 sono minori.
Su 250 milioni d’infortuni 335.000 sono mortali: 170.000 nel settore agricolo, 55.000 nel settore minerario e 55.000 nelle costruzioni. Oltre 100.000 sono i decessi causati dall’amianto (dati OIL-organizzazione internazionale del lavoro, agenzia dell’ONU).
In Italia ogni giorno per infortuni su lavoro perdono la vita 4 lavoratori, più di 1.400 ogni anno; altre decine di migliaia rimangono invalidi permanenti e perdono per la vita per malattie professionali, altri ancora per disastri ambientali evitabili con una normale prevenzione. Dal nord al sud il bollettino di guerra riporta giornalmente il numero dei morti e dei feriti, operai e lavoratori mandati al macello per il profitto.
A queste si devono aggiungere quelle per “disastri ambientali e territoriali”.
Per sminuire la gravità di questo massacro e le loro responsabilità, Confindustria, Governo, sindacati di regime e istituzioni chiamano queste stragi “morti bianche”, morti “sul” lavoro, come se loro non avessero alcuna responsabilità.
Nell’ultimo decennio sono stati registrati più di 17.000 lavoratori morti sul luogo di lavoro. Numeri impressionanti, drammatici; più morti sul lavoro che in una guerra, perché I MORTI SUL LAVORO SONO IL COSTO DEL PROFITTO.
Covid-19 - con il 65% circa delle fabbriche in cui si lavorava nonostante il lockdown (dati de Il Sole 24 Ore) - ha dimostrato la centralità della classe operaia nel processo di produzione di plusvalore, facendo tabula rasa di tutte teorie che da anni parlano di "scomparsa" della classe operaia.
mer
11
nov
2020
COVID E LOTTA DI CLASSE
I governi cambiano e si susseguono, ma gli operai continuano a essere sfruttati e a morire come prima, più di prima.
Il covid ha evidenziato alla grande massa delle persone quello che fino a o poco tempo i governanti di centro destra e centrosinistra e i politici cercavano di tenere nascosto. Le conseguenze dei
tagli e la privatizzazione della sanità oggi sono più evidenti di ieri e li paghiamo con la morte di migliaia di persone soprattutto anziane.
Ormai, come denunciano senza vergogna, anche alcuni di quelli che hanno speculato sulla vita e la salute umana, incolpandosi a vicenda, di aver lasciato campo libero al covid con il “liberi tutti”, discoteche aperte, buono vacanze, non essere intervenuti tempestivamente durante l’estate ha portato all’aggravarsi della situazione sanitaria.
Già prima del covid milioni di persone rinunciavano a curarsi per mancanza di adeguati servizi sanitari pubblici o non avendo i soldi.
Durante questi mesi mentre la sanità pubblica e gli ospedali erano e sono al collasso, sospendendo chemioterapie, rimandando visite e operazioni per malati gravi di tumori e alte patologie con esito mortale, la sanità privata ha incrementato a dismisura i suoi profitti.
Le malattie non colpiscono le classi sociali allo stesso modo.
L’esperienza e la lotta di classe ci hanno insegnato che tutta la società capitalista - l’organizzazione del lavoro, la scuola, la scienza, la medicina ecc. - difendono il sistema della schiavitù salariata, e che “difesa della salute”, "giustizia" e "diritto" valgono solo per le classi dominanti.
Anche fra i malati di covid mentre migliaia di proletari, lavoratori, pensionati, morivano e continuano a morire nelle case di riposo e negli ospedali senza neanche il conforto dei loro parenti, i signori borghesi Boris Johnson,
Donald Trump, Silvio Berlusconi, Flavio Briatore, e tanti altri se la sono cavata in pochi giorni.
Il covid ancora una volta ha dimostrato che gli operai e gli sfruttati di tutto il mondo non hanno patria, ma lo stesso nemico: il capitalismo, l’imperialismo che si arricchisce e prospera sul sangue di maliardi di persone.
Ripristinare l’odio di classe – e la conseguente lotta senza quartiere - contro questo sistema barbaro è il più grande gesto a favore dell’umanità che si oggi si possa fare.
lun
09
nov
2020
gio
05
nov
2020
4 NOVEMBRE 2010
4 NOVEMBRE 2020
4 Novembre 2010 ore 15,30 in una fabbrica di stoccaggio rifiuti pericolosi, l’Eureco di Paderno Dugnano, scoppia un terribile incendio, quattro lavoratori perdono la vita e altri quattro rimangono feriti. Incendio causato dalla totale inosservanza di misure di sicurezza. Infatti nel successivo processo si dimostrò che l’azienda miscelava in modo fraudolento rifiuti pericolosi.
E’ il decennale di quel tragico giorno, e noi non dimentichiamo. Anche se purtroppo stante il dilagare della pandemia del Covid 19 siamo impossibilitati ad organizzare, come altri anni, le iniziative di ricordo sia nel “Parco della Pace” di Palazzolo Milanese, sia con assemblee pubbliche sul tema dei morti sul lavoro.
Harun Zeqiri , Leonard Shehu, Salvatore Catalano, e Sergio Scapolan , fanno parte delle numerose vittime di un processo produttivo malato, ignorante e centrato esclusivamente sul massimo profitto. Il nostro impegno continua in difesa del diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro, un diritto sempre più messo in pericolo da politiche scellerate liberiste, che tolgono diritti ai lavoratori.
Ultimamente rileviamo che sempre più spesso nei tribunali vengono assolti dirigenti e imprenditori responsabili delle morti sul lavoro, e di lavoro, di migliaia di lavoratori nonostante le prove schiaccianti.
Il nostro comitato insieme ad associazioni, cittadini e alcune forze politiche, ha messo in campo negli anni passati diverse iniziative contro l’apertura di un nuovo sito con la medesima attività nell’area ex Eureco, una scelta che oltre ad essere irrispettosa nei confronti delle Vittime è irresponsabile, vista l’ubicazione dell’area prospicente al canale Villoresi e alla superstrada Milano Meda.
Il nostro impegno continuerà anche nel monitorare lo sviluppo della vicenda di questa nuova società di smaltimento rifiuti e per quanto possibile continueremo a seguite la situazione degli ex lavoratori.
COMITATO A SOSTEGNO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME E DEI LAVORATORI EURECO
Comitatosostegnovittime.eureco@gmail.com
mer
04
nov
2020
AMIANTO: QUESTI PROCESSI NON SAN DA FARE!
Sembrerebbe lo slogan della Quinta sezione penale del Tribunale di Milano. Per la verità nel giro di pochi giorni sono arrivate due sentenze di assoluzione da parte di questa Corte d'Appello, ambedue per amianto: la prima riguardava la Fibronit di Broni , la seconda - quella di oggi - si riferiva ai 27 morti della Pirelli di Milano, i cui imputati sono stati mandati assolti per non aver commesso il fatto.
Eppure il Tribunale di Torino in due processi analoghi contro i vertici Pirelli ha emesso sentenza di condanna, confermata dalla Corte d'Appello di Torino, in relazione ai medesimi
reati.
Perché' queste differenze? Perché la Cassazione, nella gran parti dei casi, ha confermato le condanne inflitte dalle Corti di merito? Perché invece anche in primo grado la quinta sezione del Tribunale di Milano assolve? Perché la Suprema Corte di Cassazione ha affermato e riaffermato nel tempo solidi principi giuridici - (in punto di anti-scientificità della trigger dose, di antigiuridicità dei TLV, di affermazione della teoria multistadio nei casi di mesotelioma come la più autorevole e accredita nella comunità scientifica, di prevenibilità e prevedibilità dell’evento, di accelerazione della latenza, di posizioni di garanzia dei componenti del CDA quali effettivi datori di lavoro sui quali gravava, anche in caso di delega, un dovere di vigilanza e di intervento sostitutivo non demandabile a nessuno, di piena conoscenza da parte del mondo industriale italiano della cancerogenicità dell’amianto quanto meno a partire dal 1964, anno in cui si celebrò la Conferenza di New York) - che vengono sistematicamente disattesi dalla Corte d’Appello di Milano?
E' una posizione giuridica o è una posizione politica?
Pensiamo opportuno chiederlo al Consiglio Superiore della Magistratura.
Ma intanto parliamo dei morti per amianto; morti prematuri, morti con grandi sofferenze. Grande dolore di famigliari ed amici. Morti due volte per mancata giustizia. Veramente inaccettabile.
Lo renderemo noto anche alla Commissione del Senato per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che il 29 novembre p.v. ha invitato le associazioni alla presentazione della bozza di Testo Unico delle leggi sull'amianto (Senato della Repubblica, Palazzo Giustiniani – Sala Zuccari ore 9,30).
Sarà una legge che aiuterà a fare giustizia? Toglierà la prescrizione per i reati contro la salute e sicurezza
sul lavoro? promuoverà un piano per l'eliminazione totale dell'amianto? Renderà semplice e automatico il riconoscimento delle malattie professionali e delle esposizioni all'amianto? Sottoporrà
gli ex esposti a sorveglianza sanitaria? Aiuterà le vittime e i loro famigliari a denunciare e ne sosterrà le spese?
BASTA AMIANTO E GIUSTIZIA PER LE VITTIME
COMITATO PER LA DIFESA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO E NEL TERRITORIO, ASSOCIAZIONE ITALIANA ESPOSTI AMIANTO, MEDICINA DEMOCRATICA
Milano, 24 novembre 2016
Amianto:Comitato vittime,morta giustizia
Presidente Michelino critica la sentenza di assoluzione
(ANSA) - MILANO, 24 NOV - "La giustizia che assolve gli assassini significa la morte dei Tribunali, significa che sui luoghi di
lavoro c'è licenza di uccidere e impunità". Lo ha detto Michele Michelino, presidente del Comitato per la difesa della Salute nei luoghi di lavoro (parte civile), commentando la sentenza con cui
oggi, ribaltando il verdetto di primo grado, la Corte d'Appello di Milano ha assolto 11 ex manager della Pirelli imputati per omicidio colposo in relazione alla morte di una ventina di operai per
forme tumorali, secondo l'accusa, causate dall'esposizione all'amianto.
"Non si può accettare che si continui a morire sui luoghi di lavoro, siamo arrabbiati e non ci arrendiamo", ha spiegato Michelino con a fianco Silvestro Capelli, esponente del
comitato e ex operaio che, come ha spiegato, ha lavorato "per 17 anni in un'altra fabbrica, la Breda a Milano, e poi mi sono ammalato".