Giustizia per i morti sul lavoro e di lavoro
Nella “civile Italia” esiste una guerra non dichiarata con morti e feriti. le cui vittime sono lavoratori che escono al mattino per guadagnarsi un tozzo di pane, un sostentamento per le loro famiglie, e spesso non tornano più a casa la sera.
Nella crisi le condizioni di vita e di lavoro degli operai e dei lavoratori peggiorano costantemente e, per risparmiare sulle spese relative alla sicurezza e alzare i profitti, molti imprenditori non investono sulla sicurezza considerandola una spesa improduttiva . Il governo, concedendo con soldi pubblici agevolazioni alle banche, alla finanza e imprese e alleggerendo - con il Decreto Sicurezza - le sanzioni previste ai datori di lavoro che non rispettano le misure di sicurezza, si rende complice di questa mattanza operaia.
Come in tutte le guerre, anche in quella fra lavoro salariato e capitale, molti considerano normale che degli esseri umani perdano la vita, subiscano gravi menomazioni sul lavoro e per il lavoro, preoccupandosi solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica.
Ogni anno 1.300 lavoratori in Italia vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro. 4 mila sono le vittime delle malattie professionali. Quasi 5 mila uomini e donne vengono uccisi dall’amianto, e altri 26mila persone muoiono per tumori all’apparato respiratorio, con un incremento nell’ultimo decennio di oltre il 50%: un saldo di più di 36.000 morti all’anno, fra l’indifferenza di associazioni padronali e istituzioni, silenti e complici.
In nome del profitto imprenditori, amministratori pubblici, uomini politici, sindacalisti e - fatto ancor più grave- i vari governi succedutisi negli anni - cioè lo Stato - hanno accettato e continuano a considerare normale che in nome del “progresso” migliaia di lavoratori e le loro famiglie siano state distrutte da produzioni di morte e continuino ad essere sottoposti al pericolo di contrarre malattie derivanti da sostanze cancerogene, come è stato e in molti casi è ancora.
In particolare - come molti di noi sanno per propria esperienza - l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale, ma questo fatto trova molte resistenze ad essere riconosciuto, sia nei tribunali che da parte degli enti come l’Inail e l’Inps.
Questa conferenza non deve servire da passerella per uomini politici, sindacalisti e istituzioni per rifarsi una “verginità” in prossimità delle elezioni.
Noi vogliamo rompere il muro di omertà e di complicità che in questi anni si è creata a difesa degli interessi delle lobby dell’amianto e dei padroni e dirigenti che, pur sapendo della pericolosità di certi materiali, hanno condannato a morte intere generazioni di operai. Non possiamo accettare che profitto, bilanci aziendali o dello stato vengano anteposti alla salute e alla vita umana.
Noi lavoriamo, con le altre associazioni e comitati, perché questa conferenza riesca a gettare le basi per creare nel paese un grande movimento che sappia unificare le lotte operaie e popolari nella battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura.
Non possiamo accettare che tanti, troppi nostri compagni e le loro famiglie non abbiano giustizia.
Per questo vogliamo confrontarci, sulla base della nostra esperienza e di anni di lotte, con tutti e riportiamo il nostro contributo al dibattito sintetizzando le nostre posizioni sui vari argomenti:
1) Amianto in tribunale. Noi, come tutti, abbiamo deciso di presentarci parti civili nei processi penali, perche vogliamo giustizia. E’ giusto che i famigliari dei morti e le parti offese chiedano e rivendichino anche un risarcimento economico. Tuttavia noi non vogliamo monetizzare né la morte né la salute. Per questo il nostro Comitato ha deciso che, nei processi in cui ci presentiamo parte civile, proprio perché non siamo in vendita richiederemo un euro di risarcimento, lasciando al giudice la possibilità di stabilire eventualmente una cifra che copra le spese. Questo ci permetterà di essere presenti in tutte le fasi del processo facendo pesare la presenza dei lavoratori e delle vittime.
2) Epidemiologia, registrazione degli esposti amianto, sorveglianza sanitaria. Non possiamo accettare che in questa società anche la salute sia ridotta a merce. Una delle nostre parole d’ordine derivante dalla nostra pratica è quella di non delegare a nessuno la difesa dei nostri interessi, dei nostri diritti e della nostra salute. Vista la latitanza delle istituzioni, abbiamo fatto noi una registrazione degli esposti amianto e abbiamo fatto pressione perché tale sorveglianza fosse fatta. Il risultato è stato che dal mese di maggio 2009 abbiamo cominciato le visite mediche. Sulla base della nostra esperienza di fabbrica, anche prima della sorveglianza sanitaria abbiamo rilevato come l’essere stati a contatto con l’amianto e altre sostanze cancerogene (cromo-nichel, piombo ecc) abbia prodotto nei nostri compagni molti tipi di tumori. Oltre alle malattie da amianto ( ispessimenti pleurici, placche, asbestosi, carcinomi polmonari, cancro alla trachea), diversi lavoratori della Breda hanno avuto anche cancro alla vescica e alla prostata. La sorveglianza sanitaria ha fatto scoprire malattie che gli interessati non sapevano di avere. Noi crediamo che vadano monitorati e registrati tutti i tipi di tumore di chi è stato esposto all’amianto e altri cancerogeni.
3) Smaltimento amianto. Non si può accettare che la salute sia subordinata ai costi economici e che si speculi sulle discariche. Muovere l’amianto, portandolo in giro per la regione come si vuole fare in Lombardia, per stoccarlo in megadiscariche non è una soluzione del problema, ma un aggravamento che comporta una dispersione di fibre d’amianto nell’ambiente, creando una soluzione ancora più pericolosa. Bisogna incoraggiare e sostenere tutti gli studi alternativi alle discariche, a cominciare da quelli che stanno sperimentando di metterlo nei forni ad alte temperature.
4) Risarcimento delle vittime. Noi vogliamo giustizia, cioè riconoscimento e risarcimento per le vittime. Noi ci battiamo perché tutti coloro che sono stati esposti all’amianto siano riconosciuti come vittime e risarciti, a cominciare dai lavoratori e dalle loro famiglie, ma non solo. La nostra esperienza ci ha dimostrato che se i lavoratori si organizzano in modo autonomo e indipendente in comitati e associazioni, partecipando in prima persona alle mobilitazioni e “non delegando a nessuno la difesa dei loro interessi”, i risultati si ottengono. Dopo anni in cui la magistratura - prima quella penale, poi quella del lavoro - non riconosceva i diritti dei lavoratori esposti, siamo riusciti con picchetti davanti al tribunale, manifestazioni, spedendo migliaia di cartoline con scritto “la morte sul lavoro non è mai una fatalità. La magistratura non deve archiviare i morti in Breda” a far condannare penalmente 9 dei 12 dirigenti Breda-Ansaldo imputati per omicidio colposo. Le manifestazioni di piazza contro l’Inail, l’occupazione degli uffici del direttore generale, a Sesto e Milano ci hanno permesso di aprire una trattativa che ha portato al riconoscimento di più 300 lavoratori. La lotta legale, istituzionale, se ha il supporto della mobilitazione dei lavoratori, dei famigliari, delle vedove riesce a penetrare nella coscienza dell’opinione pubblica e questo è una forma di pressione micidiale. Anche per il Fondo Vittime amianto e il Disegno di legge Casson e altri, bisogna continuare la mobilitazione, così come abbiamo fatto, insieme ad altre 5 associazioni, presentando un ricorso alla Comunità europea per gli ante ‘92 e per chi ha fatto la domanda dopo il 15 giugno 2005.
5) L’amianto nel mondo e in Europa. Bisogna eliminare l’amianto nel mondo e per questo è necessario stabilire rapporti e alleanze con chi si batte per questi obiettivi, arrivando ad organizzare iniziative comuni. Per raggiungere questo obiettivo bisogna partire da una legislazione europea che unifichi le varie leggi nazionali. Anche per i risarcimenti alle vittime bisogna uniformare le leggi. Noi siamo per prendere come riferimento la legge francese, che è più avanzata della nostra. Per es., il fondo delle vittime dell’amianto è di circa 30 volte quello italiano (che ancora non e stato applicato); inoltre vengono riconosciuti altri tipi di tumore, e se una persona compra una casa ci vuole la dichiarazione di conformità con la mappatura di dove c’è l’amianto, in modo che chi fa lavori di manutenzione (muratori, elettricisti, idraulici ecc) sappia in quale punto della casa si trova.
Torino, 6 novembre 2009
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Il Presidente, Michele Michelino
Scrivi commento