Pirelli e amianto, tragedia senza fine. Parlano i sopravvissuti
LaPresse
Torino, 21 feb. (LaPresse) - "Il peggio sta arrivando". Ecco perché è impossibile calcolare le conseguenze che l'utilizzo dell'amianto negli stabilimenti Pirelli ha prodotto e produrrà ancora in futuro. L'unica previsione certa l'ha fatta la stessa Pirelli nel 2006 accantonando 38 milioni di euro in previsioni di nuovi possibili problemi derivanti dall'uso dell'amianto.
L'altra previsione certa, è che la procura di Torino è vicina a chiudere le indagini su tre nuovi filoni d'inchiesta legati a quanto accadde nello stabilimento Pirelli di Settimo Torinese. Almeno una quindicina finora le persone che potrebbero costituirsi parte civile, ma si tratta di un numero destinato a cambiare e probabilmente ad aumentare. Finora ci sono già state due sentenze, l'ultima lo scorso 19 gennaio quando il tribunale di Torino ha inflitto 13 condanne a conclusione del procedimento che riguardava le malattie contratte tra il 1954 e il 1996 da parte di 36 lavoratori, di cui almeno 20 morti. Ma la procura di Torino non si è fermata. Ha continuato a ricevere segnalazioni da parte di familiari ed ex lavoratori, e ha quindi deciso di accorpare i rimanenti 3 fascicoli d'inchiesta in unico faldone. Come spiega lo stesso procuratore Raffaele Guariniello, "in generale la caratteristica dei processi sui tumori è che non finiscono mai, perché le morti, purtroppo, continuano ad aumentare". "Si scoprono nuovi casi - sottolinea il magistrato che si è occupato delle vicende Thyssen ed Eternit - addirittura quando sono morti gli autori dei reati".
Giovedì poi si aprirà il primo dei due processi alla Pirelli avviati dalla Procura di Milano. "Questo processo, anche alla luce della sentenza Eternit di Torino, speriamo possa dare il via a una nuova stagione per la sicurezza e la salute. La sentenza di Torino rappresenta anche un buono auspicio per la ricerca e la bonifica, considerando che in Italia sono in giro ancora 32 milioni di tonnellate di amianto". A parlare è Michele Michelino, ex operaio Pirelli ed ex operaio Breda, oggi presidente del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio di Milano. Nato nel 1997 questo comitato raccoglie circa 400 tra ex lavoratori del milanese e mogli dei lavoratori stessi. Del Comitato fanno parte diversi ex operai Pirelli. "Negli anni '70 la Pirelli a Milano è arrivata a occupare 13mila lavoratori. L'amianto negli stabilimenti di viale Sarca e via Ripamonti era un problema sia ambientale, essendo utilizzato nella coibentazione e anche nella mensa, così come nelle tubature che entravano e uscivano da tutti i reparti, sia nello specifico della produzione". Era poi soprattutto utilizzato nei semilavorati, nelle mescole della gomma, nei cavi elettrici, nel talco e in molte altre lavorazioni. "Gli operai non erano informati dei rischi che correvano e non avevano alcuna protezione. In particolare l'amianto veniva utilizzato nel reparto cavi - racconta Michelino - una volta isolati, i cavi prodotti venivano intrecciati e, tra uno e l'altro, veniva utilizzato il talco misto ad amianto, in modo che il prodotto potesse resistere al surriscaldamento e non venisse disperso l'isolamento". L'amianto era usato anche nelle mescole delle gomme, nelle lavorazioni a caldo e nella cosiddetta vulcanizzazione, in modo che le gomme potessero resistere maggiormente al calore. Nell'udienza di giovedì si deciderà anche sulla richiesta di costituzione a parte civile di diversi enti, tra cui il Comitato presieduto da Michelino. "Noi non chiediamo risarcimento economici particolari, solo 1 euro simbolico. Vogliamo però sottolineare che non siamo in vendita, vogliamo solo essere presenti come realtà che da anni si occupa della salute dei lavoratori e rappresenta tanti operai malati e famiglie delle vittime" spiega Michelino.
C'è poi un altro aspetto poco conosciuto. "Per quanto riguarda la bonifica, ciò che ha fatto Pirelli a Milano è stato un po' quello che hanno fatto tutte le grande aziende nell'area - spiega Michelino - alla chiusura degli stabilimenti non si sono occupati della bonifica, sia dall'amianto che da altre sostanze. Semplicemente non si sono posti il problema, hanno venduto le aree dove sorgevano gli stabilimenti e nessuno ha pensato a bonificare l'ambiente in modo radicale". La stessa Pirelli, in un documento del 2006, ammette che l'amianto è tuttora presente in molti suoi impianti, ma che essendo integro a norma di Legge può non essere rimosso. Pirelli e le altre società che hanno dismesso impianti nel milanese, non bonificando le aree "ci hanno guadagnato due volte: prima sulla pelle dei lavoratori e poi, una volta chiuse le produzioni, sulla vendita delle aree ad alto valore commerciale, senza risanarle in modo approfondito" spiega Michelino.
"Hanno portato via 10-15 centimetri di terreno, ma tutte le sostanze cancerogene, non solo l'amianto, come per esempio il cromo, sono rimaste in profondità e rischiano di provocare danni anche a distanza di anni. Una politica miope delle aziende - conclude Michelino - la Pirelli ha espresso rammarico per le vittime, ma nulla di più". Anche nel recente spettacolo teatrale 'Settimo, la fabbrica e il lavoro' realizzato grazie al contributo della Fondazione Pirelli a proposito della trasformazione dell'impianto di Settimo Torinese, proprio quello su cui Guariniello sta per aprire la terza indagine, non si è fatto cenno ai danni provocati dall'amianto inpassato. Andato in scena al Piccolo di Milano a febbraio, non conteneva nemmeno un accenno ai lavoratori morti in quell'impianto, ed infatti fuori dal teatro meneghino le associazioni delle vittime dell'amianto hanno fatto sentire la propria voce. Proprio come faranno giovedì in aula al tribunale di Milano.
21 febbraio 2012
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