Quanto vale la salute dei lavoratori? Meno del profitto!
La moderna società capitalista in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti. Come in tutte le guerre, anche in quella fra classe operaia e capitale, lo Stato si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza.
In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di malattie o in itinere, condannati da padroni e dirigenti, oggi chiamati datori di lavoro che - nella ricerca del massimo profitto non si fanno scrupoli a risparmiare anche sui pochi spiccioli per la sicurezza.
Ogni anno migliaia di proletari/e sono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce da casa per guadagnarsi da vivere e – spesso - a sera non ritorna e finisce in una bara.
Dietro le crude cifre di questa guerra, ci sono lutti, affetti stroncati, famiglie in rovina.
Ogni anno in Italia 1.450 lavoratori sono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, altre 6 mila vittime per amianto e decine di migliaia per malattie professionali.
L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche poche fibre di amianto possono generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio.
Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.
Molti di noi sanno per propria esperienza, che a causa dello sfruttamento il fisico, si debilita, e lo sfruttamento continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze a essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati e Associazioni, hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili che la legislazione vigente lascia spesso impuniti, con la prescrizione o con assoluzione nei processi penali. Molto ancora molto rimane da fare.
Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, quando sono costrette dalle lotte dei lavoratori, arrivano a punire gli omicidi sul lavoro, i responsabili delle malattie professionali e invalidanti, con una semplice ammenda, lasciando di solito impuniti i responsabili, dimostrando così la loro natura di classe al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali e manager responsabili di queste stragi operaie.
Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato.
Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di malattie professionali, mentre le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano continueranno a uccidere gli esseri umani e la natura.
Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
Il capitalismo, il sistema imperialista, nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che - inserite nei processi lavorativi e di produzione - portano nuove malattie e morte.
La crisi ha evidenziato nonostante i continui apparenti scontri, una sostanziale identità d’interessi fra i partiti e le forze politiche di “destra” e quelle di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema.
Il capitalismo - anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo - rapina “normalmente” i proletari.
Noi possiamo limitarci a piangere i nostri morti, è arrivato io momento della lotta.
Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto; il prodotto del capitalismo industriale, del capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche che continua a uccidere come nell’ottocento.
Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi.
La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona com’è successo anche con gli scioperi durante il covid dove i padroni non rispettavano le misure di sicurezza, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.
Al lavoro si muore più che in guerra. Basta morti sul lavoro. Organizziamo in tutte le città manifestazioni e scioperi per imporporare protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro.
A CONDIZIONE DÌ MORTE NIENTE LAVORO
Michele Michelino
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di lavoro e nel Territorio